A lanciare l’allarme su questo possibile legame, da confermare, sono i medici del dipartimento di Pediatria dell’Ospedale Papa Giovanni XXIII di Bergamo, che hanno registrato un sospetto aumento del numero di casi (in un solo mese pari a quelli degli ultimi tre anni).
Gli esperti hanno precisato che solo una piccola minoranza di bambini infettati da COVID-19 sviluppa la malattia di Kawasaki, cioè meno dell’1%.
Le complicazioni possono essere gravi, ma non necessariamente mortali e se trattata rapidamente guarisce completamente entro 6/8 settimane. L’allarme è già stato lanciato all’interno della comunità scientifica e fra i pediatri di famiglia.
Nel frattempo, avvertono i pediatri dell’ospedale Papa Giovanni XXIII, “in previsione dell’imminente apertura alla fase 2”, è importante tenere presente tutte le conseguenze che questo virus insidioso può causare, sia nella fascia di età adulta che in quella pediatrica. Insomma, nessuno escluso.
Ma l’Italia in questa “scoperta” non è sola. Solo lunedì 27 aprile i medici britannici hanno lanciato un allarme proprio in merito al brusco aumento di bambini ricoverati in terapia intensiva affetti da questa misteriosa sindrome infiammatoria, anche se al momento non viene fornito dai funzionari governativi il numero esatto dei piccoli pazienti colpiti.
La patologia, riportano i media britannici, aggredisce cuore e polmoni dei piccoli pazienti e sembra provocare un’eccessiva reazione immunitaria che induce il corpo dei bambini ad attaccare i propri organi.
Il direttore sanitario nazionale ha sottolineato che è ancora troppo presto per stabilire un legame con il coronavirus.
Negli Usa, invece, l’American Academy of Pediatrics (AAP) ha affermato che non si è ancora visto qualcosa di simile negli USA.
“Anche se la malattia dovesse essere correlata al coronavirus si tratterebbe di una complicazione molto rara” ha spiegato un esperto di pediatria all’agenzia Reuters.