Beatrice Aurora, neonata di poco più di un mese, è tornata a casa dopo essere rimasta 20 giorni in ospedale, lontana da mamma Marta e papà Marco, in quanto positiva al Coronavirus.
“La sua storia ci infonde speranza – dice mamma Marta a Fanpage.it – è nata l’11 febbraio, giorno della Beata Vergine di Lourdes, vogliamo sperare sia un segno”. La famiglia di Beatrice vive a Fiorano al Serio, in quella Val Seriana sconvolta dal virus: “Ho perso uno zio e il nonno, ma almeno sappiamo dove sono i corpi dei nostri cari, c’è gente che non lo sa”.
Si chiama Beatrice Aurora “perché è nata l’11 febbraio, giorno della Beata Vergine di Lourdes, un segnale”.
Fin dalla sua nascita la vita di questa piccola bimba residente con la famiglia a Fiorano al Serio, nel cuore di quella Val Seriana sconvolta dal Coronavirus, non è stata facile: prima un parto cesareo a causa di un’improvvisa emorragia, poi la comparsa dei primi sintomi del Coronavirus e un lungo ricovero all’ospedale Papa Giovanni XXIII di Bergamo, lontana da mamma Marta, papà Marco e dai fratellini Ilaria, Chiara e Gabriele, di 11, 10 e 7 anni.
Adesso però Beatrice Aurora, tornata a casa dopo 20 giorni, è il raggio di sole che illumina una terra attraversata da troppi lutti.
La mamma di Beatrice: Ho perso il nonno e uno zio, ma almeno so dove sono i corpi
Anche la famiglia di Marco Albergati e Marta Zaninoni ha pagato un prezzo altissimo alla pandemia in corso:
“Ho perso mio zio, il fratello di mio papà, e poi mio nonno – racconta a Fanpage.it la 39enne Marta dopo aver dato da mangiare alla piccola Beatrice -. Si chiamavano Aurelio Zaninoni e Antonio Bernini, avevano 73 e 88 anni. Antonio era l’unico bisnonno rimasto a Beatrice e ai suoi fratellini, ma per via dei ricoveri prima e della sua malattia poi non è riuscito a vederla”.
Un dettaglio nel racconto di Marta restituisce la gravità della situazione vissuta nella Bergamasca: “Abbiamo almeno la fortuna di sapere dove sono i corpi dei nostri cari, che in quelle bare ci sono loro. Purtroppo invece c’è gente che non trova i defunti, perché sono talmente tanti che non si riescono a recuperare”.
Il ringraziamento a chi sta lavorando negli ospedali
Marta, anche grazie all’arrivo di Beatrice, vuole però dare un messaggio di speranza a tutta la sua terra:
“Ce la facciamo, grazie anche a chi sta lavorando negli ospedali”.
Lei non ha nulla da ridire su come è stata trattata all’ospedale Papa Giovanni XXIII, una delle strutture maggiormente sotto pressione a causa dei ricoveri di persone con Covid-19: “Sono stati super organizzati, non nego di aver pianto perché sono stata costretta a rimanere 20 giorni senza Beatrice e mi hanno detto che non avrei potuto allattarla né portarle il latte, ma ho capito che lo facevano per il bene della bambina, nostro e anche per tutelare loro stessi”.
Unica ombra nella loro storia il fatto che, nonostante anche Marta e il marito Marco abbiano accusato i sintomi da Covid-19, nessuno ha fatto loro il tampone: “Nonostante la febbre nessuno ci ha fatto il tampone, siamo stati isolati in casa e abbiamo mantenuto le distanze con i nostri figli con comprensibili difficoltà”.
I fratellini attendono con ansia di poter abbracciare la piccola Beatrice
Beatrice è tornata a casa lo scorso 23 marzo, ma ancora i fratellini non l’hanno potuta abbracciare. “Stiamo aspettando il risultato del tampone che dovrà confermare la negatività al Covid-19 per vedere se riusciamo a togliere le mascherine.
La tensione fin quando non ci dicono il risultato è tanta, ma speriamo che presto gli altri fratelli possano abbracciare la sorellina, come desiderano da ormai oltre un mese”.